La vera “spada di Damocle” di una recessione inizia a oscillare solo quando la curva dei rendimenti reali si inverte, cosa accaduta solo lo scorso mese, secondo TSLombard.
La curva dei rendimenti reali del Tesoro si è finalmente invertita lo scorso mese, accendendo il conto alla rovescia verso una possibile recessione. Questo fenomeno, che storicamente è stato un affidabile araldo delle recessioni, ha impiegato più di un anno per manifestarsi, nonostante segnali contraddittori.
Steve Blitz, capo economista USA di TSLombard, sottolinea una distinzione cruciale: mentre la curva dei rendimenti nominali si è invertita dal 2022, quella reale – corretta per l’inflazione – ha mostrato questo segnale solo di recente. Questa discrepanza temporale potrebbe spiegare perché un indicatore tradizionalmente preciso sembrava aver fallito.
In precedenti cicli economici, le curve nominali e reali si invertevano quasi simultaneamente. Tuttavia, in questo ciclo, più di un anno è passato tra le due inversioni, sollevando interrogativi sul loro allineamento e affidabilità.
Questo contesto si innesta in un periodo di intenso dibattito sulle politiche di tasso d’interesse della Fed, con l’inflazione che sembra rallentare. Il rapido declino dell’inflazione, contrapposto a tassi d’interesse reali elevati, potrebbe portare a una crescita economica stagnante, se la Fed non dovesse adeguare i suoi tassi di conseguenza.
Il dato da tenere d’occhio è la durata media tra l’inversione dei tassi reali e l’inizio di una recessione, storicamente circa 12 mesi, contro i 15 mesi per la curva nominale. Se questa tendenza si confermasse, potremmo aspettarci una recessione verso la fine del 2024 o all’inizio del 2025.
L’inversione della curva dei rendimenti reali ha già iniziato a mostrare i suoi effetti, rallentando la crescita dei prestiti nell’economia statunitense, un passo che potrebbe presto diventare un calo netto. Questo movimento rappresenta un campanello d’allarme per l’economia reale.
In parallelo, l’impatto sul mercato azionario non si farà attendere, con effetti negativi previsti circa 12 mesi dopo l’inversione, lo stesso arco temporale che separa l’inversione dalla recessione.
Per trovare un parallelo storico a questa situazione, Blitz guarda indietro fino alla fine degli anni ’60, periodo che precedette la grande inflazione degli anni ’70. Questo scenario storico suggerisce che la Fed potrebbe essere giustificata nel voler vedere ulteriori prove di un’inflazione in calo verso il suo obiettivo del 2%.
Infine, c’è un cauto ottimismo nei mercati azionari, con l’S&P 500 in rialzo e il Dow Jones che guadagna terreno, un barlume di speranza in un panorama altrimenti incerto.